03 maggio 2011

Il tinnito

Tempo fa ho letto un post sul blog Chelsea mia del giornalista del Corriere della sera Alessio Altichieri, di cui apprezzo la sobrietà e l’attenzione data ai temi dell’arte.
Il post parla del tinnito, cioè del fastidioso rumore di sottofondo che disturba la percezione acustica dei musicisti, ma anche degli anziani. Altichieri sposa la tesi che il tinnito sia assente negli expat. Ovviamente intendendo tinnito in senso lato, cioè come il “ronzio che emettono i media senza sosta”, come lo definisce efficacemente il giornalista.
Da expat non posso che confermare questa tesi. Sono immune al tinnito che affligge i Tedeschi e maxime a quello che tormenta gli Italiani (che stimo più oppressivo di quello tedesco): il vantaggio è inimmaginabile: libertà e profondità di concentrazione, nonché guadagno di tempo altrimenti perso a venir rimbambito di cazzate (e non mi riferisco solo ai casi di fotografi e veline, ma soprattutto alle urla dei politici, all’indignazione degli onesti e allo scandalizzarsi dei giusti e all’esaltazione di qualunque tronfia ostentazione di volgarità e ignoranza).
Va da sé che il veicolo maggiore di diffusione del tinnito sia la televisione, avendo noi Italiani la pessima abitudine di tenerla costantemente accesa (come pure i Turchi, a credere a un recente studio tedesco). Sarebbe sufficiente spegnerla per un po’ (e avere il coraggio pascaliano di stare soli con se stessi seduti una stanza silenziosa).
Basta però un decoder per poter accedere (a costi accessibili) ai canali di mezzo mondo. E quindi il vantaggio logistico dell’expat va a farsi friggere. Quanti expat cedono al richiamo dolce ma illusorio del tinnito, abbindolati dall’idea di tornarsene per un po’ nell’abbraccio della patria matrigna? (o dal desiderio di spizzarsi due chiappe senza impegno?)
Esistono delle tipologie di tinnito cui nemmeno gli expat possono sottrarsi: pensiamo ai lettori mp3 (e allo stereo nell’auto)!
Il romanzo non è morto: semplicemente la playlist ha sostituito il flusso di coscienza!