Per certi versi la caduta del muro non ha cambiato alcunché. Nonostante nulla sia più facile che passare da est a ovest e viceversa, per qualche oscura ragione si continua ad essere Westberliner e Ostberliner.
Non c’è più la divisione politica, ovviamente, ma l’identità di quartiere rimane e prevale sul senso di appartenenza cittadino. Se vogliamo, é la versione urbana del campanilismo che in Italia si manifesta su scala nazionale.
Da Romano, quando penso a Roma, la penso tutta, centro e periferia, non m i sognerei di escluderne i quartieri dove non andavo mai perché non conoscevo nessuno che ci abitava.
Berlino, è diverso. Ognuno prende il proprio quartiere per la città.
Non dimentichiamo che Berlino è nata bicentrica e lo è sempre stata, anche in tempi non sospetti, senza uno straccio di possibilità di interfusione. Mi fanno ridere gli ingenui turisti che dicono di prendere un albergo al centro.
Al centro di che? A Ku’damm? Ad Alexander Platz? O nel centro geografico della città? Che sarebbe un’indefinibile area urbanisticamente disomogenea chiamata frettolosamente Mitte e che comprende le parabole colorate dei palazzoni dei Turchi, le vetrine dello shopping borghese di Friedrichstraße, i monoliti squadrati e recintati degli enti pubblici e tristi cocktail bars frequentati solo dai clienti di albergoni che non hanno il fiato per sgambare verso porzioni più succulente della città.
Qui a Berlino c’è gente che non ha praticamente mai messo piede nell’Est o nell’Ovest. L’identità di quartiere genera il mostro, l’autarchia di quartiere, come in un’acquaforte di Goya: chi vive a Charlottenburg considera remota una discesa lungo il vicino Ku’damm; chi vive a Prenzlauer Berg non si avventura mai oltre Hackescher Markt e guarda al limitrofo Pankow da una distanza siderale (e nemmeno “vede” il contiguo Wedding, perché é già Ovest).
Poi c’è lo snobismo di quartiere. Chi abita a Zehlendorf e Dahlem (dove c’era l’università di Berlino Ovest e risiedevano gli Americani) si sente ancora circondato dalla DDR, chi vive a Friedrichshain orbita intorno a Boxhagener Platz, vede come lontana meta di scampagnate il parco di Treptow (che invece si affaccia solo sull’altra sponda della Sprea) e storce il naso se ha a che fare con gente che non è sufficientemente trendy (intendendo per trendy un provocatorio understatement che oscilla pericolosamente tra il ridicolo e lo zozzo), con gente che lavora in ufficio a tempo pieno, che ha famiglia e che possiede addirittura un'auto!
Quanto a snobismo di quartiere nemmeno quelli di Prenzlauer Berg scherzano (simili a quelli di Friedrichshain, però ancora più sopra le righe e molto ma molto più bio).
Noi in famiglia siamo tutti Westberliner: amiamo Schöneberg, Wilmersdorf (dove mia moglie è vissuta durante gli anni universitari) e il nostro Lichterfelde, West ovviamente. Ma apprezziamo molto anche l’Est. Kreuzberg ce lo caghiamo solo perché c'é la pizza di Masaniello :-)
Non c’è più la divisione politica, ovviamente, ma l’identità di quartiere rimane e prevale sul senso di appartenenza cittadino. Se vogliamo, é la versione urbana del campanilismo che in Italia si manifesta su scala nazionale.
Da Romano, quando penso a Roma, la penso tutta, centro e periferia, non m i sognerei di escluderne i quartieri dove non andavo mai perché non conoscevo nessuno che ci abitava.
Berlino, è diverso. Ognuno prende il proprio quartiere per la città.
Non dimentichiamo che Berlino è nata bicentrica e lo è sempre stata, anche in tempi non sospetti, senza uno straccio di possibilità di interfusione. Mi fanno ridere gli ingenui turisti che dicono di prendere un albergo al centro.
Al centro di che? A Ku’damm? Ad Alexander Platz? O nel centro geografico della città? Che sarebbe un’indefinibile area urbanisticamente disomogenea chiamata frettolosamente Mitte e che comprende le parabole colorate dei palazzoni dei Turchi, le vetrine dello shopping borghese di Friedrichstraße, i monoliti squadrati e recintati degli enti pubblici e tristi cocktail bars frequentati solo dai clienti di albergoni che non hanno il fiato per sgambare verso porzioni più succulente della città.
Qui a Berlino c’è gente che non ha praticamente mai messo piede nell’Est o nell’Ovest. L’identità di quartiere genera il mostro, l’autarchia di quartiere, come in un’acquaforte di Goya: chi vive a Charlottenburg considera remota una discesa lungo il vicino Ku’damm; chi vive a Prenzlauer Berg non si avventura mai oltre Hackescher Markt e guarda al limitrofo Pankow da una distanza siderale (e nemmeno “vede” il contiguo Wedding, perché é già Ovest).
Poi c’è lo snobismo di quartiere. Chi abita a Zehlendorf e Dahlem (dove c’era l’università di Berlino Ovest e risiedevano gli Americani) si sente ancora circondato dalla DDR, chi vive a Friedrichshain orbita intorno a Boxhagener Platz, vede come lontana meta di scampagnate il parco di Treptow (che invece si affaccia solo sull’altra sponda della Sprea) e storce il naso se ha a che fare con gente che non è sufficientemente trendy (intendendo per trendy un provocatorio understatement che oscilla pericolosamente tra il ridicolo e lo zozzo), con gente che lavora in ufficio a tempo pieno, che ha famiglia e che possiede addirittura un'auto!
Quanto a snobismo di quartiere nemmeno quelli di Prenzlauer Berg scherzano (simili a quelli di Friedrichshain, però ancora più sopra le righe e molto ma molto più bio).
Noi in famiglia siamo tutti Westberliner: amiamo Schöneberg, Wilmersdorf (dove mia moglie è vissuta durante gli anni universitari) e il nostro Lichterfelde, West ovviamente. Ma apprezziamo molto anche l’Est. Kreuzberg ce lo caghiamo solo perché c'é la pizza di Masaniello :-)