06 novembre 2012

Letture

Da poco ho letto The turn of the screw di Henry James e ora sto leggendo Lady Chatterley's Lover di David H. Lawrence.
Henry James é artefice di una macchina narrativa mirabile, di ingranaggi perfetti, di meccanismi articolati, complessi eppure fluidissimi; c'é da rimanere a bocca aperta davanti a tanto nitore e tanta nobiltá. Non so immaginare quanto lavoro e quanta cura ci siano dietro le superfici levigate e tornite con garbo dei suoi periodi.
David H. Lawrence invece é meno continuo, si concede alti e bassi narrativi; si interessa meno alla storia come ordigno e piú alla precisione e alla ricchezza della lingua: la sua unitá di misura é la parola esatta. Usa un Inglese cosí esatto che sembra Tedesco.
James mette per iscritto una storia giá preesistente, non deve fare altro che preoccuparsi della perfezione formale del suo stile; Lawrence la storia e i personaggi te li sbozza e scolpisce in diretta.
Se vogliamo fare un paragone pittorico, James dipinge su tavola con i colori a olio, mentre Lawrence é un incisore di acqueforti.

13 maggio 2012

Gustav Mahler alla Konzerthaus

Ieri siamo andati alla Konzerthaus a Gendarmenmarkt.



La Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, diretta da Sebastian Weigle, ha eseguito la Quinta Sinfonia di Mahler.
Mi aspettavo un trionfo di languori esangui, invece Sebastian Weigle ci ha restituito una Quinta piena di ritmo e vivace (lebendig é l'aggettivo che ho colto dai commenti degli altri spettatori all'uscita). Tanto che non abbiamo avuto tempo per la pausa.
Mahler non si é dimenticato di nessuno strumento e li ha usati tutti con generositá, ma al momento giusto. Il direttore ha interpretato con grande acutezza la partitura in questo senso. Mi ha ricordato le incisioni della maturitá düreriana, in cui é dato il massimo dell'espressione con il minimo dei mezzi.
La Quinta ha una sua bellezza plastica. Nei movimenti iniziali gli archi ballano come un mare in tempesta. Tutti gli strumenti come onde si scagliano contro lo scoglio saldo che é stato Sebastian Weigle.

20 marzo 2012

Faccia da culo

Oggi sono stato ad un convegno.
Un Francese ha fatto la sua presentazione sulla sostenibilitá di alcune soluzioni per l'ingegneria stradale in Comic Sans.
In Comic Sans, signore e signori! In Comic Sans!
Il Comic Sans non lo usano nemmeno all'asilo di mia figlia per invitarci alla festa della mamma.
Gli avrei tirato una scarpa gli avrei, se non fossi stato sicuro che persino la scarpa avrebbe deviato la traiettoria e preferito tuffarsi in una cagata di vacca.

L'unica cosa positiva é che al convegno, con la faccia italiana come il culo teutonico, ci siamo imbucati, nonché abbiamo scroccato il pranzo (il direttore commerciale s'é pure fregato un paio di bombolotti da portare gentilmente ai colleghi rimasti in ufficio).

PS Per ulteriori informazioni: ban comic sans

17 marzo 2012

Vivere Berlino

Cosa c'é di piú berlinese di una grigliata a Treptower Park non appena spunta il primo sole primaverile?
Techno a palla (piú o meno), amici e conoscenti (di differenti e multiple nazionalitá; minimo cinque) grill a carbonella su treppiede (si carica facilmente su una bici), salsicciotti e bistecchine, insalata di patate (inevitabile come una Nemesi), fiumi di birra e vinelli improbabili.
Nastja corre a qua e lá, scava delle buche, si avventura in giochi con le figlie di chissá chi, torna, si sbrana un wurst e gironzola con un bicchiere in mano come i grandi.

10 febbraio 2012

Di chi é la ragione? - 1

La ragione é degli stronzi.
Da buon Romano, ho sentito questa frase fin da piccolo. Sebbene il senso me ne sia palesato solo piú tardi.
Ricordo un episodio della mia infanzia. Frequentavo allora le elementari e un giorno discutevo con un compagno di classe sulla pronuncia inglese di 3. Lui sosteneva che si dovesse pronunciare "tri" e io, correttamente, "three". Non mi infastidiva l'errata pronuncia, quanto la semplificazione eccessiva che deriva da chiusura mentale. Ogni volta che io dicevo "three", lui mi derideva storpiando la pronuncia in "stri".
Non sono pedante, non sono pignolo, ma ho sempre badato ai dettagli. Quando parlo con una persona mi concentro su come si muove, se si tocca, se mi tocca, quello che dice lo considero spesso un mero sottofondo sonoro e assai piú importante stimo quello che eventualmente taccia o che non mi chieda. Nelle conversazioni preferisco di norma l'ascoltare e concentrarmi sull'interlocutore e quando tocca a me dire qualcosa, sale l'imbarazzo e mi sembra di non riuscire mai a dire completamente quello che ho in mente. Per questo motivo mi esprimo meglio scrivendo. Divento loquace solo quando quello che si dice non ha importanza, cioé nel cazzeggio e nell'esercizio dell'ironia. Ma questa é un'altra storia.
Torniamo alla nostra disputa. Quando arrivó l'insegnante d'Inglese, le chiesi come si dovesse pronunciare 3 in Inglese. Lei ci disse: "three". E io, trionfale, al compagno di classe: "hai visto?".
Ma il mio trionfo duró pochissimo. Giá mentre pronunciavo quelle parole, cominciai a sentirmi a disagio: avevo avuto ragione. Va bene. Che cos'era cambiato? Ero diventato migliore del mio compagno di classe? E che senso aveva avuto spuntarla su uno come lui, che si compiaceva della propria ignoranza?
Fu allora che cominciai a capire perché la ragione fosse degli stronzi. Con il passare degli anni la mia comprensione aumentó, fino a radicarsi in sicurezza durante gli anni universitari.
Esistono delle categorie di persone che, convinte (immagino) di possedere una qualche superioritá (morale, intellettuale, fate voi), sono fortemente predisposte ad avere ragione. Ad esempio molti automobilisti anelastici o in generale quelli di sinistra (a parte casi eccezionali, come er Pinta).
Esistono peró dei popoli per i quali aver ragione é una manifestazione della loro natura, una categoria del loro essere.

31 gennaio 2012

Come una cascata

Qualche giorno fa abbiamo festeggiato il compleanno di un'amica in un ottimo ristorante libanese a Wilmersdorf.
Siamo tornati a casa presto, prima delle nove, ma la bambina era giá crollata in macchina.
É esistito un tempo in cui il mio posto in macchina era dietro e non davanti, al volante. Dopo una lauta cena, sbirciavo dal finestrino la cittá che passava nella notte. A malincuore mi scuotevo dal torpore digestivo all'arrivo. Gli ultimi secondi passati in macchina, mentre mio padre parcheggiava, mi sembrava la dolcezza del torpore prevalesse sul dovere di alzarsi e uscire.
Ora il mio posto é al volante e una bambina siede dietro. Io guido e lei si addormenta. Io mi fermo al semaforo rosso, rallento agli incroci e lei sa di essere portata a casa e si perde nelle sue fantasie infantili.

Ora che mi trovo al posto che é stato dei miei genitori mi accorgo di quanto io sia stato amato. L'amore che mi informava era molto di piú della mera somma dell'amore dei miei genitori. Era, é ancora, un amore forte, paziente, inestinguibile. Un amore che sgorga ora da me, senza che io ne sia la fonte, se non in minima parte. È qualcosa che passa attraverso di me, mi vivifica e si getta sulla bambina. Si tuffa su di lei come una cascata.

17 gennaio 2012

Se lo dice lui...



"Bud Spencer dice: prenditi un prospetto!"
Siamo a Kastanienallee, Prenzlauer Berg.